La Lega vuol correre da sola ma corre un grosso rischio: la secessione dagli elettori

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view post Posted on 31/12/2011, 12:48

Pirata di Gold D. Roger

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Bossi ce l’ha con tutti, da Monti a Berlusconi all’odiato Napolitano. Ma a forza di dire "no" il Carroccio dovrà pagare caro il conto dell’isolazionismo

Roma - Se non è zuppa e pan bagnato. Non la volete chiamare secessione? Allora chiamatela lotta di indipendenza. È solo una questione di vocaboli non di significati.

bossi



E la Lega Nord, si sa, è abituata ad andare al nocciolo delle cose. L’importante per Bossi, l’antimontiano di ferro, è staccarsi dall’Italia e portarsi il più lontano possibile da quel traditore («terùn» per giunta) di Napolitano.
Bossi ce ne ha per tutti. Con Berlusconi, l’amico e l’alleato di un tempo, ormai non ci parla più se non in parlamento. «Quello lì ormai sta con la banda della sinistra». Di Monti non si fida. Ad alzar le tasse per far cassa - sostiene il Senatùr - sono bravi tutti. Ma è possibile che un economista non sappia che così si va verso la recessione? E poi il più odiato - almeno del momento - è l’uomo del Colle. Le sue origini partenopee poi sembrano proprio un scherzo del destino.
Insomma la Lega si scopre definitivamente di destra (d’altronde difende il popolo delle partite Iva), cavalcando un populismo vigoroso. Però da qui allo sfascismo qualunquista il passo è breve. Il «signor no» di turno rischia grosso correndo da solo. Certo non può allearsi con Di Pietro e l’Italia dei Valori (piena di meridionali orgogliosi e di italiani convinti) e tantomeno può far coppia con la sinistra di Vendola e compagni.
Ovvio che in questo clima il grido più risoluto sia «Alle urne! Alle urne!». In difesa della democrazia, chiosano Bossi, Calderoli e compagni. Però quando si arriverà finalmente alla campagna elettorale con chi si alleerà il Carroccio? Difficile pensare a un nuovo matrimonio con il partito di Alfano e Cicchitto (e ovviamente di Berlusconi). Non tanto per il rifiuto al dialogo da parte del Pdl quanto per la netta posizione di censura che la Lega Nord ostenta in questi giorni nei confronti delle caute dichiarazioni sul governo Monti degli ex alleati. E a correr da soli ci si può fare molto male. Basta tornare ai risultati dell’ultimo voto politico (2008) per vedere che scorporando i voti della Lega i risultati sono sterili (se non miseri). Ecco un paio di esempi: in Lombardia su 47 seggi senatoriali, la Lega se ne aggiudicò 11 contro i 30 del Pdl mentre in Veneto ne prese 7 su 24 (al Pdl ne andarono 8 così come 8 ne prese il Pd). E stiamo parlando dei risultati migliori. Su scala nazionale il partito della «Padania libera» rischia di rimanere molto al di sotto del 7%.
Isolato in alto a destra nell’emiciclo di Montecitorio, il gruppetto di camice verdi potrebbe riscoprirsi politicamente inoccupato.
Anche sul fronte delle sfide elettorali locali lo sfascismo della Lega potrebbe ridurre drasticamente le prerogative del Carroccio sulle terre del Nord (in buona parte oggi amministrate dai suoi uomini). Già nelle amministrative del 2009, uno degli ultimi duelli elettorali, le cose non andarono benissimo. Eppure la coppia Pdl-Lega era ben salda. A Padova, per esempio, vinse il candidato del centrosinistra (Flavio Zanonato) e la Lega come partito raccolse solo tre seggi e l’11% dei voti. E non stiamo parlando di Catania o di Salerno.
Insomma, dove rischia di andare la Lega? Bossi ha come unico obiettivo - per il momento - Milano. Appuntamento nel capoluogo lombardo il prossimo 22 gennaio dove il Senatùr si aspetta di vedere il popolo nordista intervenire in massa. «Perché - ha tuonato Bossi nel suo ultimo comizio - il destino si decide vittoriosamente quando ci siamo tutti. Ci sono momenti in cui la battaglia è decisiva: liberi o schiavi». E se il prezzo della libertà fosse la solitudine?
 
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